Nel mondo, tra le vittime del Covid, potrebbero esserci circa un milione di persone che hanno ereditato il cromosoma di Neanderthal e che, in assenza di altre cause, muoiono a causa di una predisposizione genetica. Questo è ciò che emerge dallo studio Origin condotto da ricercatori dell’Irccs e guidato da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri. Lo studio si è concentrato sulla popolazione di Bergamo e provincia, l’epicentro iniziale della pandemia in Italia.
I ricercatori hanno scoperto che una certa regione del genoma umano, ereditata dai Neanderthal, è significativamente associata al rischio di ammalarsi di Covid-19 in forma grave. “Abbiamo notato che in quest’area vicino a Bergamo, Alzano e Nembro c’era un numero di malattie gravi e morti che era 850 volte superiore a quello che ci si poteva aspettare. Ci siamo chiesti perché alcune persone si ammalano gravemente e altre in modo lieve. Abbiamo raccolto dati personali e storici di 10.000 persone e abbiamo notato che potrebbe esserci qualcosa di genetico”, ha spiegato Remuzzi.
Lo studio si è concentrato su un gruppo di varianti genetiche, in particolare un aplotipo ereditato dai Neanderthal che si trova sul cromosoma 3. Questo aplotipo è risultato essere il più significativo in termini di rischio di malattia grave. Lo studio ha coinvolto 400 persone che si sono ammalate gravemente, 400 persone che si sono ammalate in modo lieve e 400 persone che non si sono ammalate affatto. Si è scoperto che il 30% delle persone che si sono ammalate gravemente aveva l’aplotipo di rischio, mentre solo il 20% delle persone che si sono ammalate in modo lieve lo aveva e solo il 15% delle persone che non si sono ammalate aveva l’aplotipo.
Lo studio cerca di rispondere alle domande che gli operatori sanitari si sono posti durante la pandemia. I risultati possono aiutare a comprendere meglio la malattia e a fornire risposte più efficaci. Inoltre, lo studio ha rivelato che 12 dei partecipanti avevano avuto sintomi già nel novembre-dicembre 2019. Questo apre nuove prospettive per migliorare le cure e prevenire ulteriori vittime tra le persone a rischio. Inoltre, lo studio ha identificato altri geni associati a una proteina che aumenta durante l’infezione da Covid, aprendo nuove possibilità terapeutiche.
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