Moda Italiana: dalla fiaba al design. Così titolava un libro a me molto caro, pubblicato alla fine degli anni Ottanta, a ripercorrere la gloriosa stagione della genesi dell’Italian Style. Ora con spirito analogo a Gorizia, che nel 2025 sarà capitale europea della cultura, nelle auliche sale di Palazzo Attems Petzenstein una bella mostra retrospettiva aperta fino al 27 agosto, “Italia Cinquanta. Moda e design. Nascita di uno stile” curata da Enrico Minio, Carla Cerutti e Raffaella Sgubin con la partnership della Fondazione Capucci, e il supporto di -ERPAC FVG Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, celebra il genio tricolore nelle arti applicate, moda e design appunto, che dalle elezioni politiche del 1948 alle Olimpiadi d Roma del 1960 ha dato lustro al bel paese qualche anno prima del boom del nostro prȇt-à-porter. Anni eroici di rinascita e di ricostruzione fiduciosa, proiettati in un mondo nuovo che si affacciava nella nuova fase del benessere pronto a una sbornia di bellezza, lusso e dolce vita.
Erano gli anni della Hollywood sul Tevere, e nello stesso periodo in cui Ava Gardner e Ingrid Bergman svaligiavano gli atelier di Fernanda Gattinoni e delle Sorelle Fontana alla ricerca dell’abito perfetto, la regina del bel canto, la divina Maria Callas stregava le platee internazionali sfoggiando le sontuose toilettes studiate su misura per lei da Biki, l’aristocratica sarta nipote di Puccini, e la più richiesta della Milano postbellica per i look delle prime scaligere. Quasi senza troppo clamore poi una diva dagli occhi viola, Liz Taylor, declinava la proposta di Dior per abbracciare il credo di stile ed eleganza raffinata di un giovanissimo e ancora pressoché sconosciuto Valentino Garavani, fresco dal suo sbarco a Roma in via Condotti in cerca di gloria. La storia gli ha dato ampiamente ragione.
La mostra, corredata da un ricco e completo catalogo e impreziosita per la sezione design dai contributi di Fornasetti, Cassina, Arflex, Castiglioni e Fontana Arte, solo per citarne alcuni, non solo esplora gli addentellati fra l’industria del mobile made in Italy e quindi il suo rivoluzionario metodo progettuale, e l’estetica legata al fashion, ma racconta in modo suggestivo la parabola ascendente della nascente moda italiana che molto deve al fiuto di un grande anfitrione, il marchese Giambattista Giorgini. Nel febbraio del 1951 l’intraprendente nobiluomo toscano che aveva un feeling particolare con i buyers statunitensi, organizzò nella sua villa alle porte di Firenze la prima sfilata di alta moda esclusivamente prodotta in Italia diventando così il più abile e inesausto promotore della moda tricolore.
Parallelamente andava affermandosi sulla scena internazionale il gusto irripetibile per la qualità e per l’innovazione della moda pronta o moda boutique, rappresentata da Emilio Pucci e da Roberta di Camerino, ma anche Mirsa, Albertina, Avagolf, Olga de Gresy. Intanto muovevano i primi passi una giovanissima Mariuccia Mandelli che più tardi sarebbe passata alla storia con il nome di Krizia e i Missoni che almeno dalla parte di Ottavio vantava radici dalmate. Parliamo quindi dell’anticamera del ready-to-wear destinato a esplodere a Milano negli anni’80. Nella promozione della nascente moda italiana sul piano internazionale si miscelavano sapientemente ingredienti unici, come il patrimonio culturale italiano, un’artigianalità di altissimo livello e la vetrina offerta dalle produzioni cinematografiche, dal momento che le migliori firme italiane annoveravano tra le proprie clienti le star di Hollywood: Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor ed Esther Williams, in testa, oltre alle dive “nazionali come Sophia Loren, Gina Lollobrigida ed Elsa Martinelli. L’exhibition che, grazie anche al pregiato contributo del formidabile archivio di Enrico Quinto e Paolo Tinarelli, espone abiti di Roberto Capucci e di Emilio Schuberth, Simonetta, Alberto Fabiani, Sorelle Fontana, Jole Veneziani, Gattinoni, Biki, Curiel, Marucelli, Gucci e Salvatore Ferragamo. rende anche omaggio a un grande protagonista dell’Italian Look, il triestino Renato Balestra, recentemente scomparso e che dalla sua Mitteleuropa arrivò a Roma dove realizzò il suo sogno di bellezza e stile all’ombra del cupolone.
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