Kasia Smutniak, attrice polacca nota per la sua relazione con Pietro Taricone, si è aperta in un’intervista al magazine statunitense “The Hollywood Reporter”. Nonostante viva a Roma da più di vent’anni, Kasia non si sente parte di questa città. Originaria di Varsavia, afferma di non appartenere a nessun luogo in particolare.
La sua storia con Pietro Taricone è un ricordo lontano ma felice. I due erano giovani e innamorati, avevano comprato una casa in campagna e avevano piantato alberi. Dopo la tragica morte di Pietro, Kasia ha deciso di tenere la casa come un legame con il passato e un rifugio per i loro figli, se vorranno rimanere lì.
Oggi Kasia vive nel quartiere Coppedè di Roma insieme al marito Domenico Procacci, produttore cinematografico. Nonostante il quartiere sia affascinante, Kasia ammette che la scelta di vivere lì è stata dettata dalla vicinanza all’ufficio di Domenico. Nonostante la sua lunga permanenza a Roma, Kasia non si sente completamente romana e afferma che ogni quartiere della città sembra un paese a sé stante.
Il film-documentario “Mur” e l’impegno di Kasia Smutniak
Kasia Smutniak è attualmente impegnata nella promozione del suo film-documentario intitolato “Mur”, di cui è regista e interprete. Il film racconta la storia dei migranti che si trovano ai confini tra Polonia e Bielorussia, imprigionati tra fili spinati e privati di ogni contatto con il mondo esterno. Kasia ha dichiarato che il suo obiettivo era quello di portare l’attenzione su una situazione umanitaria spesso ignorata dai media.
Per realizzare il documentario, Kasia è tornata in Polonia insieme a Diego Bianchi, noto giornalista italiano. Grazie ai social media, è riuscita a creare una rete di contatti e a registrare un reportage per il programma di Bianchi, “Propaganda Live”. Il loro obiettivo era quello di raccontare il dramma dei migranti e di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa tragedia.
Kasia ha sottolineato che ha cercato di coinvolgere diverse agenzie umanitarie e persino gli eurodeputati per ottenere aiuto per i migranti. Il documentario è stato realizzato con mezzi limitati, spesso fingendosi giornaliste e utilizzando solo un telefono e una mini-telecamera. Nonostante le difficoltà, Kasia è determinata a far sentire la voce di coloro che sono invisibili agli occhi del mondo.
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