Il governo italiano ha deciso di stringere ulteriormente le politiche sull’immigrazione, concentrandosi principalmente sui Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), dove i migranti irregolari sono detenuti in attesa di essere rimpatriati. Attualmente, ci sono meno di 10 Cpr in funzione, ma il governo intende individuare nuovi centri “in località a bassissima densità abitativa” in ogni regione. Tuttavia, realizzarli rapidamente non sarà facile. Il governo prevede di aumentare il periodo massimo di detenzione a sei mesi, prorogabili per altri dodici, per un totale di diciotto mesi, motivato da “esigenze specifiche”. Inoltre, l’esecutivo intende ampliare la rete dei centri esistenti e ha dato mandato al ministero della Difesa di realizzarli il più presto possibile. I nuovi centri dovranno essere situati in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili, al fine di evitare disagi e insicurezza nelle città italiane.
Attualmente, ci sono nove centri attivi in sette regioni diverse, con una capacità che varia da 50 a 200 posti. Tuttavia, il governo dovrà abilitare un centro in oltre metà delle regioni italiane in tempi molto stretti, il che comporterà costi significativi per la riqualificazione delle strutture e altre spese per il mantenimento e l’espulsione dei migranti. I limiti non sono solo economici, ma anche legati alle condizioni delle strutture e dei migranti al loro interno. I Cpr sono stati oggetto di critiche da parte delle associazioni per i diritti umani, che hanno evidenziato la mancanza di tutele e garanzie simili a quelle dei centri penitenziari. Inoltre, aumentare il numero di strutture non avrà un impatto significativo se non si stringono accordi con i paesi di provenienza, che spesso rifiutano di riconoscere i migranti irregolari come propri cittadini.
Nel 2020, solo il 13,2% delle persone sottoposte a espulsione in Italia è stato effettivamente rimpatriato. Nei Cpr, il numero sale al 50% (2232 su 4387 persone nel 2020). Quest’anno, fino alla fine di agosto, sono stati rimpatriati 2.293 migranti, mentre nel 2022 sono quasi 3300. Questi dati testimoniano le difficoltà nel gestire l’immigrazione irregolare e mettono in discussione l’efficacia del nuovo piano del governo. Alla scadenza del periodo di detenzione, i migranti vengono rilasciati con l’obbligo di lasciare il paese entro una settimana, ma spesso questo non avviene, con il risultato che i migranti tornano alla struttura di partenza o scompaiono.
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