I poliziotti hanno sequestrato beni per un valore totale di 10 milioni di euro a un imprenditore romano, sua moglie di 79 anni e il loro figlio di 45, che erano attivi nel settore dei rifiuti e dell’immobiliare. Questa azione arriva dopo che la famiglia era stata coinvolta nell’operazione chiamata “Dark side” nel 2017, che ha rivelato l’esistenza di un’organizzazione criminale impegnata nello smaltimento illegale di rifiuti.
L’organizzazione ha anche effettuato numerosi sversamenti illegali di rifiuti tossici, che hanno generato profitti illeciti molto elevati. Tra le persone coinvolte c’era anche un’impresa ad Ardea, che era collegata alla famiglia e che si era resa responsabile di molteplici reati ambientali. Questa impresa ha illegalmente gestito ingenti quantità di rifiuti speciali pericolosi, che poi venivano portati in una discarica abusiva ad Aprilia (Latina).
Come risultato delle indagini, la famiglia è stata condannata in primo grado per traffico illegale di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, costruzione e gestione di discariche non autorizzate e inquinamento ambientale. I proventi illeciti ottenuti sono stati reinvestiti nella stessa società per nasconderne l’origine criminale. Inoltre, sono stati compiuti atti di riciclaggio di denaro e intestazione fittizia di beni, nonché l’acquisizione di ulteriori utilità tramite società di copertura.
L’azione di oggi è risultato di un costante e deciso impegno della Procura di Roma e della Polizia nel contrastare la criminalità organizzata, nel sequestrare i beni accumulati illegalmente e nel sottrarre le attività economiche al circuito criminale per restituirle alla comunità nel rispetto della legge. Le indagini patrimoniali hanno evidenziato una significativa e sproporzionata differenza tra i beni posseduti direttamente o indirettamente e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta dalla famiglia. Ci sono quindi sufficienti indizi per ritenere che i beni confiscati siano il frutto di attività illegali o ne siano il risultato.
Il Tribunale, con un decreto di confisca non ancora definitivo, ha confermato l’indagine economica e patrimoniale e ha certificato la sproporzione tra i redditi leciti, l’attività economica dichiarata e il patrimonio complessivamente posseduto dalla famiglia. L’azione di confisca ha coinvolto province come Roma, Latina, Frosinone e L’Aquila. Sono stati sequestrati beni e assetti societari del valore stimato di 10 milioni di euro, che includono quote e l’intero patrimonio aziendale di tre imprese attive nel trattamento dei rifiuti, nel commercio di materiali ferrosi e beni immobiliari. Tra i beni sequestrati ci sono 22 edifici situati a Roma, Pomezia, Marino, Ardea, Aprilia, Fondi, Magliano dei Marsi, Sgurgola, 10 terreni a Roma, Ardea e Fondi, un veicolo e disponibilità finanziarie di circa 500.000 euro.
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