Un recente studio condotto nel Kruger National Park in Sud Africa ha rivelato un sorprendente fatto: gli animali selvatici temono la voce umana più dei ruggiti dei leoni o degli spari dei cacciatori. Questa scoperta sta aprendo nuove prospettive e sfide per la conservazione turistica e la protezione delle specie vulnerabili.
Il mito del leone come “re delle bestie” potrebbe essere stato finalmente sfatato. Il team di ricercatori, guidato da Liana Zanette della Western University in Canada e da Craig Packer dell’Università del Minnesota, ha esaminato 19 specie di mammiferi nel Kruger National Park, tra cui giraffe, zebre, leopardi, impala, elefanti e rinoceronti.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno utilizzato fototrappole posizionate vicino alle pozze d’acqua frequentate dagli animali durante la stagione secca. Queste fototrappole erano dotate di altoparlanti che potevano emettere suoni umani, ruggiti di leoni e altri suoni associati alla caccia, come spari di armi da fuoco e abbaiare dei cani.
I risultati sono stati sorprendenti. In un totale di 4.238 prove, è emerso che la fauna selvatica tende a fuggire e abbandonare le pozze d’acqua molto più rapidamente in risposta alla voce umana rispetto ai ruggiti dei leoni o al rumore degli spari. In effetti, il 95% delle specie coinvolte ha mostrato una maggiore propensione a fuggire dagli esseri umani piuttosto che dai leoni. Questo è particolarmente vero per giraffe, leopardi, iene, zebre, kudu, facoceri e impala.
Questi risultati sottolineano il ruolo dell’essere umano come “super predatore” nella percezione degli animali selvatici. Questa paura generalizzata verso gli esseri umani presenta sfide significative per la conservazione turistica, soprattutto in Africa. Tuttavia, offre anche nuove opportunità per proteggere specie vulnerabili.
La dottoressa Liana Zanette ha spiegato che la loro ricerca si concentra sull’”ecologia della paura“, ossia sull’impatto delle interazioni tra predatore e preda sull’ambiente circostante. Se i predatori inducono la paura nelle prede, questa paura può a sua volta influenzare il comportamento delle prede e ridurre il loro numero.
L’importanza di misurare, mitigare e manipolare la paura che ispiriamo nella fauna selvatica sta emergendo come una componente cruciale nella pianificazione della conservazione e della gestione delle aree protette. Questo studio apre la strada a nuove strategie per la tutela delle specie vulnerabili, contribuendo a migliorare la coesistenza tra l’essere umano e la fauna selvatica in un mondo in rapida evoluzione.
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