Il Governo lavora alla nuova definizione agevolata dei debiti fiscali. L’ipotesi di un ticket d’ingresso al 5% e di piani di pagamento fino a 9 anni accende il dibattito, ma restano le incognite su risorse, platea e paletti anti-furbetti.
La stagione delle sanatorie fiscali in Italia non sembra destinata a chiudersi. Dopo la quarta edizione della “rottamazione delle cartelle”, la macchina politica e tecnica si muove per varare una nuova misura di pace fiscale, la cosiddetta Rottamazione 5 o Rottamazione quinquies. Si tratta di un provvedimento che, se confermato, dovrebbe trovare spazio nella prossima legge di Bilancio, con l’obiettivo di alleggerire il carico dei contribuenti in difficoltà e, allo stesso tempo, garantire un’entrata certa e programmata alle casse dello Stato.
Le linee guida della nuova rottamazione
Al centro del dibattito c’è la volontà di introdurre una formula più sostenibile rispetto alle precedenti. Tra le ipotesi principali:
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ticket di ingresso del 5% sul debito complessivo: un acconto ridotto che servirebbe come filtro per garantire la serietà dell’adesione senza però scoraggiare chi non dispone di liquidità immediata;
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piani di rateizzazione fino a 9 anni: in pratica oltre 100 rate mensili, con la possibilità di rendere sostenibile anche un debito consistente;
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sconti su sanzioni e interessi: come nelle edizioni precedenti, si punta a ridurre drasticamente queste voci per rendere più appetibile l’adesione;
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tolleranza sui ritardi: una delle proposte in campo è quella di consentire al contribuente di saltare fino a 8 rate senza perdere automaticamente i benefici della definizione.
Queste condizioni rappresenterebbero una vera novità rispetto al passato, quando l’anticipo richiesto era più alto e i margini di tolleranza molto più rigidi.
Quali debiti rientrerebbero nella Rottamazione 5
Il perimetro di applicazione dovrebbe essere ampio, includendo:
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i carichi affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione fino al 31 dicembre 2023;
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tributi nazionali come IRPEF, IRES e IVA;
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i contributi previdenziali;
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tributi locali come IMU e TARI, a condizione che i singoli Comuni deliberino la loro adesione;
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sanzioni amministrative e multe stradali, spesso presenti nei ruoli affidati alla riscossione.
Resterebbero invece esclusi i debiti per aiuti di Stato illegittimi, le sanzioni di natura penale e i risarcimenti legati a danni erariali.

Il nodo dei decaduti: dentro o fuori?
Una delle questioni più spinose riguarda la posizione dei contribuenti che hanno aderito alle precedenti rottamazioni ma sono decaduti perché non hanno completato i pagamenti.
Alcuni esponenti della maggioranza spingono per consentire anche a loro di accedere alla nuova misura, sostenendo che spesso la decadenza è dipesa da difficoltà oggettive e non da malafede. Altri, invece, ritengono che includere i recidivi equivarrebbe a incentivare comportamenti opportunistici, con il rischio di trasformare la rottamazione in un’abitudine più che in un’occasione straordinaria.
Perché il ticket d’ingresso al 5%
La scelta di un acconto così contenuto è legata a due obiettivi. Da un lato, garantire un flusso di cassa immediato alle casse pubbliche; dall’altro, rendere la misura più accessibile a un numero ampio di contribuenti.
Nelle edizioni precedenti, l’anticipo richiesto era stato ritenuto troppo pesante da chi si trovava già in difficoltà economiche. Con il 5%, invece, anche chi ha debiti rilevanti avrebbe la possibilità di aderire. Ad esempio:
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su un debito di 50.000 euro, il ticket sarebbe di 2.500 euro;
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su un debito di 100.000 euro, ammonterebbe a 5.000 euro.
Importi che restano impegnativi, ma molto più gestibili rispetto alle soglie passate.
Rate lunghe: la sostenibilità dei pagamenti
La possibilità di diluire il pagamento fino a 9 anni è pensata per favorire la sostenibilità dei piani.
Un contribuente con un debito residuo di 95.000 euro, dopo aver versato il ticket, potrebbe pagare circa 880-900 euro al mese per 108 mesi. Un onere non leggero, ma potenzialmente affrontabile da imprese e famiglie che vogliono mettersi in regola senza essere schiacciati dal debito.
Il compromesso tra la proposta di 10 anni (120 rate) e quella di un periodo più breve dovrebbe arrivare proprio sulla soglia dei 9 anni, ritenuta più equilibrata e meno onerosa per lo Stato.
Le risorse: il vero ostacolo
La principale incognita resta il costo per lo Stato. Una nuova rottamazione implica inevitabilmente una rinuncia a incassare l’intero ammontare di sanzioni e interessi, che in alcuni casi superano il capitale originario del debito.
Per questo, la misura sarà calibrata sulla base delle coperture disponibili nella legge di Bilancio. Il relatore della Commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia, ha sottolineato che solo dopo aver definito il quadro delle risorse sarà possibile stabilire i contorni esatti della rottamazione.
Paletti anti-furbetti
Per evitare abusi, sono allo studio alcune regole stringenti:
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pagamenti solo con strumenti tracciabili;
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obbligo di regolarità fiscale e contributiva durante tutta la durata del piano;
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per le imprese, divieto di distribuire utili straordinari mentre si beneficia della definizione agevolata;
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possibilità di decadere dal beneficio se si verificano inadempienze gravi.
L’obiettivo è evitare che la rottamazione diventi un “salvacondotto” per chi non intende comunque rispettare gli impegni.
I tempi di approvazione
La Rottamazione 5 dovrebbe essere inserita nella legge di Bilancio 2026, attualmente all’esame del Parlamento. L’approvazione definitiva è prevista entro la fine del 2025.
Se i tempi saranno rispettati, le domande potrebbero aprirsi tra fine 2025 e i primi mesi del 2026. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione dovrà predisporre procedure semplificate per le adesioni, come già avvenuto in passato con i portali dedicati.
I vantaggi per contribuenti e Stato
Dal lato dei cittadini e delle imprese:
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riduzione del debito complessivo grazie allo stralcio di sanzioni e interessi;
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possibilità di evitare pignoramenti e azioni esecutive;
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sostenibilità dei pagamenti grazie a rate lunghe;
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maggiore flessibilità grazie alla tolleranza sulle rate non pagate.
Dal lato dello Stato:
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entrate certe e programmate nel tempo;
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riduzione del contenzioso e dei costi di riscossione;
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recupero almeno parziale di crediti che, altrimenti, rischierebbero di restare inesigibili.
Le critiche e i dubbi
Non mancano però voci critiche. Alcuni economisti sottolineano che le continue rottamazioni rischiano di minare il principio di equità fiscale, premiando chi non paga a discapito di chi è in regola.
Altri temono che la platea dei beneficiari possa essere troppo ampia e che il costo per lo Stato finisca per superare i benefici.
Infine, il timore politico è che la rottamazione diventi uno strumento ciclico, riproposto a ogni manovra, trasformandosi da misura straordinaria a regola fissa.
La Rottamazione 5 si presenta come una misura ambiziosa, che cerca di bilanciare le esigenze dei contribuenti con quelle del bilancio pubblico. Il ticket al 5% e le rate fino a 9 anni rappresentano un cambio di passo importante, che potrebbe consentire a migliaia di famiglie e imprese di regolarizzare la propria posizione.
Tuttavia, restano aperte le questioni più delicate: chi potrà davvero accedere, come verranno fissati i paletti anti-abuso e quali risorse saranno disponibili per coprire il mancato gettito.
La decisione finale arriverà solo con la legge di Bilancio. Nel frattempo, la discussione politica e tecnica prosegue, con un punto fermo: la pace fiscale resta una delle carte più rilevanti del Governo nella gestione dei conti pubblici e nei rapporti con i contribuenti.